Patate ed erbette, uno dei ripieni più semplici per i ravioli, che a Ormea diventa cin, un termine che in dialetto significa “pieno”. Ortiche, borragine, silene, la raccolta dipende dalla stagione. A contare sono la maestria di esecuzione e la bontà delle materie prime incentrate su burro di malga e tuberi di montagna, più piccoli e irregolari nella forma, una marcia in più per sapore. Un piatto che si fa bandiera di un’enclave gastronomica, memoria di una comunità forte e vitale. Un elenco che non finisce di stupire: polenta saracena, fozze servite con bruzzo o lardo a fettine, panizze di ceci, torta verde spruzzata di zucchero. Lo stesso cin caratterizza i tultei fritti in olio bollente e le cipolle ripiene. Anche il vino è locale: Ormeasco. Un esempio di gelosa valorizzazione di piatti semplici e genuini, mai banali, in cui si evidenziano salvaguardia della gastronomia di valle, fierezza delle proprie radici contadine, attaccamento a una tradizione sapientemente interpretata. Ormea, borgo ricco di antiche memorie saracene, racchiuso a gomito sul Tanaro e un passato di elegante flusso turistico negli anni della Belle Epoque, tra Casinò e Grand Hotel, è tutto questo. Massimo, Cinzia e Sandra ne esprimono al meglio le potenzialità ai fornelli, eredi dei saperi di un team di grande livello che ha caratterizzato il locale fin dalla nascita.