Difficile ipotizzare una storia più antica. La prima forma di pasta furono proprio gli gnocchi, una composizione povera, di sola acqua e farina di frumento; in alternativa grano saraceno, segale, orzo. Avevano il compito di saziare. Poi, tra il Settecento e l’Ottocento, con la diffusione della patata che faticava a farsi accettare, si arrivò a una versione di consistenza morbida: gnocchi di patate, un classico del giovedì nelle osterie. E fu un trionfo, simbolo di abbondanza e di “gnoccolate” per festeggiare gli ultimi giorni di carnevale, goderecci e ricchi di carne nei condimenti. Per la festa dell’Immacolata, l’8 dicembre, divennero un rito: “Madona d’le cojette”, il nome irriverente e popolare legato alla loro forma. Tante le scuole di pensiero, nella veste finale il tocco del cuoco. Non ce n’è uno uguale all’altro. Anche la cottura è rapida, un bacio rubato all’acqua. Giuseppe Demichelis li propone con un ricco ragù che li avvolge. La base è la carne d’oca, aggiunta a dadi anche nell’impasto, di forte legame con la cucina del territorio per la presenza di numerose comunità ebraiche a Savigliano, Mondovì, Cherasco, Cuneo. La loro religione vietava la carne di maiale, considerata impura, e si puntava sull’oca, tenera e sapida, per niente grassa con le giuste tecniche di cottura. E trattandosi di gnocchi, il bis è d’obbligo.